Non ho mai voluto volare

Vorrei mettermi uno zaino sulla schiena, sentire la leggera pressione del peso sulle spalle, la pelle che si irrita leggermente per lo sfregamento. Vorrei sentire i miei piedi imbrigliati negli scarponi, le calze spesse che circondano le caviglie in un abbraccio, il cappellino calato sulla fronte e le ginocchia che scrocchiano impercettibilmente ai primi movimenti. Vorrei sentire il rumore di ogni mio passo, di ogni mio battito, di ogni mio pensiero concentrato sull’andare, non più sul restare, sull’essere, sul perchè. Vorrei che il mio sguardo si svincolasse finalmente da ragnatele di palazzi e gabbie di condomini che mi limitano e soffocano la natura della mia natura. Vorrei perdere il senso della realtà nell’attenzione e nella prudenza di ogni millimetro di sentiero (e non strada, sentiero) percorso, fino a confondermi, a non sapere più se sia poi così importante arrivare, ma certa di quanto lo sia infinitamente poco tornare indietro. Non ho mai voluto volare, non ho mai desiderato di essere un’aquila o un gabbiano, non mi piacciono gli spazi vuoti sotto di me, non mi piace l’abisso, il nulla. Mi piace sentire che procedo con le mie stesse forze, mettermi alla prova anche nell’allontanarmi, mi piace combattere contro la gravità e il mio corpo stesso, procedere, anche a fatica, ma procedere, spingermi, spingere avanti la mia vita. Vorrei essere libera di essere quello che vorrei essere, arrivare alla cima, sedermi su una pietra, poter dire, ancora una volta: “ce l’ho fatta”.

Parla con me